Alba sul lago di Ohrid
di Risto Karajkov
Proposte di itinerari turistici alternativi in Macedonia: dallo straordinario osservatorio astronomico di Kokino, risalente all’età del bronzo, ai gioielli della zona di Ohrid, fino alle icone di epoca paleocristiana nella parte orientale del Paese. Un tesoro pressoché sconosciuto e poco protetto.
Un astronomo locale, Jovica Stankovski, ha scoperto due anni fa un osservatorio megalitico vicino al villaggio di Kokino, nei pressi della città di Kumanovo, nella parte settentrionale della Macedonia. La scoperta è rimasta sconosciuta al pubblico fino all’inizio di quest’anno, quando l’agenzia spaziale statunitense NASA ha stilato una lista degli osservatori astronomici più antichi, classificando quello di Kokino al quarto posto, dopo Abu Simbel in Egitto, Stonehenge in Gran Bretagna e Angkor Wat in Cambogia. L’osservatorio risale a circa 4.000 anni fa, nell’età del Bronzo. Quello che lo rende così straordinario è la sua perfetta preservazione fino ai giorni nostri.
“Le osservazioni astronomiche dall’osservatorio venivano condotte per vari motivi”, afferma l’astronomo Gjore Ceney di Skopje, “prima di tutto per la creazione di un calendario. Per questo venivano analizzate la posizione del Sole e della Luna. In concreto, serviva per determinare il tempi per i raccolti, per la pastorizia o per lo svolgimento di alcuni rituali”.
Gli esperti dichiarano inoltre che il sito è l’unico del suo genere in Europa, e che può essere ancora utilizzato.
Secondo il suo scopritore, l’astronomo Stankovski, la civiltà che costruì l’osservatorio fu sostituita da un’altra. Questo è dimostrato dai resti di artefatti in ceramica che sono stati ritrovati sul luogo, che sono databili in un periodo successivo. “Questo ci porta alla conclusione che un’altra civiltà sia sopraggiunta, distruggendo quella precedente, che aveva costruito l’osservatorio, e costruendo un nuovo insediamento accanto ad esso”, afferma Stankovski.
Gli astronomi e archeologi concordano sulla possibilità che ci siano altri osservatori di questo tipo nella zona. Per il momento il sito è meta di visite soltanto della popolazione locale, ma gli astronomi sperano che con un po’ di pubblicità il sito diventi un’attrazione internazionale.
Nel 2002, durante uno scavo nei dintorni della Fortezza Samoil, a Ohrid, venne alla luce una maschera d’oro, che creò molta eccitazione nell’opinione pubblica macedone. La maschera risale al quinto secolo a.C. e probabilmente era usata nei riti funebri. Insieme alla maschera furono trovati molti altri oggetti d’oro, come per esempio dei guanti e una collana. La ragione di questa eccitazione era la somiglianza della maschera con la famosa maschera di Trebenista. Trebenista è un villaggio a circa 20 chilometri da Ohrid, ed è il luogo dove sono state ritrovate 4 altre maschere 100 e 70 anni fa, due per volta, che ora sono di proprietà della Bulgaria e della Serbia.
Secondo l’archeologo responsabile dello scavo, Pasko Kuzman, “la maschera è una scoperta molto importante che mette ancora più luce sul mistero di Trebenista.”
“La Via Ignazia passava di qua” dice Kuzman, “e altre importanti vie di comunicazione che collegavano l’oriente con il mondo occidentale. Filippo II e Alessandro Magno hanno lasciato immensi tesori nella zona. La scoperta della maschera può servire come prova per confutare la teoria secondo cui Lihnida (l’antico nome di Ohrid) era una città di cultura Illirica. Era al contrario un centro macedone”.
Una delle prime persone a vedere la maschera quando è stata scoperta è stato l’ultimo presidente macedone Boris Trajkovski, che accompagnò anche diverse autorità straniere a vedere l’artefatto. Al tempo della scoperta si cercò anche di riunire in un’unica esibizione tutte e cinque le maschere, comprese quelle in mostra a Belgrado e a Sofia, ma il tentativo fallì.
Vinica è una piccola cittadina nella parte orientale della Macedonia. E’ il luogo del sito archeologico di un antico forte risalente al quinto secolo a.C. I lavori di scavo sono cominciati diversi anni fa, ma sono stati interrotti per mancanza di fondi. Durante il lavoro svolto nel 2002, venne alla luce una vecchia icona in terracotta databile nel primo periodo della Cristianità, intorno al terzo secolo d.C.
L’icona è dedicata a Sant’Andrea e, secondo gli esperti, è di inestimabile valore per la storia della nascita del Cristianesimo nella regione.
“L’icona ritrovata al forte di Vinica, con tutti i suoi contenuti simbolici e religiosi, è unica nel suo genere, non solo nell’arte paleocristiana in Macedonia e nei Balcani, ma in tutta Europa” afferma il Professor Kosta Balabanov, scopritore dell’icona.
Balabanov considera che l’importanza dell’icona risieda nel fatto che proviene, probabilmente, da un’epoca in cui il Cristianesimo era ancora una religione non riconosciuta dall’Impero Romano. “Fu per primo l’imperatore Costantino nel 313 che riconobbe la fede cristiana, e diventò la religione ufficiale dello stato soltanto molto dopo. Il fatto che l’icona provenga proprio da questo periodo della storia, la rende estremamente importante”.
Balabanov non nasconde il suo discontento per la mancanza di interesse da parte delle autorità competenti nel continuare ad investire nella ricerca archeologica. L’icona è stata esposta al Museo Nazionale senza troppa attenzione.
“Se i ladri di reperti archeologici faranno bene il loro lavoro” aggiunge “dovremo in futuro trovare il denaro per ricomprare le icone in terracotta dalle persone che le avranno rubate”.
Il furto di reperti archeologici, gli scavi illegali in siti archeologici ufficiali e non, è un grande affare in Macedonia. Reperti antichi sono contrabbandati fuori dal paese e venduti nei mercati stranieri, che hanno sia clienti interessati che soldi per pagare. I ladri moderni sono ben equipaggiati e specializzati nel loro genere di commercio oltre che ben organizzati logisticamente.
Un recente dibattito si è aperto attorno all’affitto di un antico anfiteatro vicino a Bitola per il matrimonio privato di un Vip. Il sito è stato affittato al prezzo relativamente basso di 500 euro, pagati in natura con la donazione di una fotocopia a colori per il Dipartimento per la difesa dei Monumenti Culturali. Il direttore ha difeso fermamente la propria decisione definendola un’azione volta alla “promozione culturale”. I media hanno criticato molto l’idea.
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