Appunti di viaggio. Cinque anni dopo
Puntata 2. Maja e il diritto di sognare
Maja ora è una giovane donna. Ma quando i suoi genitori la caricarono su un pullman polveroso, come lo sono i pullman di ogni esodo, estremo atto di amore per proteggerla dall’inferno, aveva appena undici anni. Finì nel fiume dei profughi. Come destinazione, un paese sconosciuto “e una lingua da imparare in fretta”, dall’altra parte del mare.
La guerra le ha portato via molte cose, il diritto all’adolescenza fra l’altro. Non la speranza. Così qualche anno fa ha deciso di rientrare in Bosnia Erzegovina per prendersi cura del suo paese. Nell’ascoltare Maja, questa volontà di non darla per vinta viene fuori con tutta la forza che possiede. Si arrabbia quando, nella nostra conversazione, provo a dire che hanno vinto loro, i signori della guerra e degli affari. Non vuole proprio sentirle, Maja, queste parole. Forse perché teme, in cuor suo, che possa effettivamente essere così.
Dice che no, che questa è una visione della nostra generazione, che i giovani non ne vogliono più sapere di quel mondo adulto che ha tolto loro l’innocenza, il gioco e gli affetti. Parole che mi fanno venire in mente il “vaffanculo” dei giovani di Gaza. Prima ancora che iniziasse la primavera araba, a fronte di una guerra infinita per un confine tanto angusto quanto anacronistico, scrivevano nel loro manifesto, semplicemente, “… vogliamo vivere”.
Le sue parole mi scuotono, come se il mio disincanto rappresentasse un atto di ostilità verso la sua generazione. Come possiamo permetterci di negarle anche il diritto di immaginare un futuro diverso, dopo che la nostra generazione le ha negato il diritto alla spensieratezza?
Le nostre vecchie e malandate utopie ci hanno fatto sognare, prima che quei sogni s’infrangessero di fronte a tante sconfitte. “Avremmo dovuto capirlo subito che quelle bandiere erano rosse di sangue fratello…” scrive Magris attorno al sogno che diventa incubo. E allora, perché non ripartire da qui? Perché non elaborare questa storia e non indagare strade nuove?
Maja lavora ad un progetto di valorizzazione del territorio e di turismo responsabile nel Cantone Una – Sana, dando continuità ideale al lavoro che iniziammo una dozzina di anni fa, proprio qui a Martin Brod, non lontano da Bihac, attorno ad una diversa proposta turistica che sapesse cogliere ed apprezzare le caratteristiche del territorio.
Perché Martin Brod era allora, e continua ad essere, un luogo speciale. Si fatica a trovarlo persino sulla carta geografica, non è certo meta dei circuiti turistici tradizionali, ma “il villaggio dei cento mulini” non lascia mai indifferenti i suoi visitatori, come se l’incantesimo di Marta, “la signora del fiume” stando alla leggenda, ancora colpisse nel segno. E infatti si dice che la sua immagine riaffiori nell’acqua che circonda ogni casa, nei mille ruscelli che un tempo muovevano le macine dei mulini, nelle vasche naturali di travertino che nei secoli si sono formate in uno scenario di grande fascino.
La difficoltà nel trovare nella piccola comunità di Martin Brod (qui d’inverno vi abitano meno di cento persone) un referente in grado di dare continuità al nostro lavoro, la fatica di dare sostenibilità e continuità ai progetti anche in Trentino, specie se non sempre le istituzioni sanno cogliere che l’Europa si costruisce solo investendoci, la fatica del volontariato … hanno contribuito a rendere i rapporti con questo luogo più rarefatti. Ma certamente alla costruzione del Parco nazionale della Una, che ha messo in protezione questo territorio da ipotesi speculative (vi si voleva realizzare una grande diga che avrebbe fatto svanire l’incantesimo), abbiamo dato anche noi come comunità trentina un piccolo contributo.
Così Martin Brod è diventato un punto fermo negli itinerari naturalistici del turismo responsabile in Bosnia Erzegovina e pure nelle attività di “Viaggiare i Balcani”. Oggi Maja e il suo lavoro sono un riferimento, come lo sono per le famiglie di qui che in questo modo possono integrare il loro reddito fornendo ospitalità al viaggiatore che ne sa apprezzare l’offerta. Qui non troverete mai le colazioni di plastica degli alberghi ma piuttosto le cose vere e buone che vengono dalla natura e dalla cultura contadina. Alloggiamo infatti nelle famiglie, ognuna con una storia diversa da raccontare, chi non se ne è mai andato, chi dopo anni di diaspora ha deciso di rientrare, chi vive in California ed è qui per l’estate.
Passare la notte a Martin Brod, è come immergersi nel fiume degli smeraldi, il cui scorrere accompagna il tuo sonno.