All’interno di una panoramica regionale (Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Kosovo, Macedonia, Montenegro Serbia) la Croazia è il paese che ha fatto più progressi nel cammino verso l’integrazione europea e che presenta il settore agricolo più moderno e più attento in materia di politica di qualità e agricoltura biologica. Parte di questo percorso è facilitato dalla forte vocazione turistica del paese che trova nei suoi quasi 1800 chilometri di costa e oltre 1000 isole una risorsa determinante per rilanciare lo sviluppo e proiettarsi verso una dimensione europea. In questo quadro il biologico può diventare strumento di supporto a quelle forme di turismo alternativo (rurali, eco, verdi, responsabili, slow) che muovono lentamente i primi passi in un entroterra spesso in ritardo rispetto ai ritmi vertiginosi della costa.
Dopo i focus sulla Serbia e l’Albania, proseguendo la ricerca sul biologico nei Balcani occidentali, Osservatorio propone un approfondimento sulla Croazia con un’intervista a Irena Lučić, produttrice, esperta di agricoltura biologica e responsabile della Project Implementation Unit presso il ministero dell’Agricoltura di Zagabria.
Quando si è iniziato a parlare di biologico in Croazia?
La legge quadro sull’agricoltura biologica è stata approvata nel 2001 in linea con il regolamento CEE 2092/91 e successivi emendamenti. Ulteriori modifiche sono state poi introdotte a partire dal 2008 per armonizzare la normativa nazionale con il nuovo regolamento europeo (CE 834/2007). In generale l’interesse verso il ‘bio’ è aumentato nel corso degli anni, ma i numeri sono ancora ridotti: dai 2 produttori del 2003 siamo passati agli oltre 650 del 2009. Anche in termini di estensioni siamo lontani da un pieno sviluppo del settore: nel 2009 gli ettari a bio erano poco oltre 8.000 ossia l’1% della superficie agricola croata.
Qual è il posizionamento del biologico rispetto al convenzionale sul mercato locale?
Sicuramente servirebbe maggiore attenzione alla differenziazione tra produttori biologici e convenzionali, ma nel complesso il bio sta crescendo e, anche se occupa ancora una quota di mercato minoritaria, è un settore estremamente dinamico come testimoniano le numerose iniziative commerciali.
In quali tipi di iniziative commerciali si può trovare il bio?
A Zagabria nel 2009 è stato inaugurato il primo ‘supermercato bio’, il ‘Garden’, e anche in altre città, non soltanto quelle a maggiore vocazione turistica, nel corso degli ultimi anni sono stati aperti numerosi negozi specializzati. La catena ‘Bio&Bio’ è presente a Zagabria, Fiume, Spalato e Dubrovnik, ‘Zrno’ è presente a Zagabria, e piccoli punti vendita indipendenti hanno aperto a Čakovec, Spalato, Varazdin, Fiume, Pola e altre città. Oltre che nei punti vendita specializzati, il ‘bio’ è presente nella grande distribuzione organizzata: si possono trovare prodotti biologici sugli scaffali di Konzum e su quelli di Drogerie Markt (DM), catena tedesca con oltre 113 punti vendita in Croazia. La crescente attenzione per il bio, viene inoltre confermata dai mercatini rionali, come quello di Dolec a Zagabria, dove hanno i loro stand alcuni produttori certificati. A livello promozionale, invece, va citata la fiera ‘Eko-Etno’ che dal 2003 viene organizzata annualmente a Zagabria ed è dedicata ai prodotti agro-alimentari tipici e biologici.
Che ruolo per l’agricoltura biologica nel quadro della politica agricola nazionale?
La Croazia è tra i paesi candidati all’ingresso nell’Unione europea quindi il quadro legislativo è fortemente condizionato dal processo di armonizzazione con la normativa comunitaria. Ovviamente non è solo il biologico a doversi allineare, ma è l’intero settore primario che deve avvicinarsi al modello identificato dalla politica agricola comune (PAC). A livello organizzativo, all’interno del ministero dell’Agricoltura, è stato creato un Dipartimento dedicato all’agricoltura biologica e integrata, responsabile per l’introduzione di leggi, regolamenti e ordinanze, mentre nell’Ispettorato è stata istituita una sezione specializzata nel controllo dei produttori certificati bio. Esistono inoltre tre enti di certificazione accreditati dal ministero dell’Agricoltura. Anche all’interno del servizio di sviluppo agricolo è stato istituito un dipartimento dedicato al bio che a oggi conta 14 esperti pronti ad offrire consulenze e indicazioni sia ai produttori certificati, sia a chi vuole avvicinarsi al settore.
Cipolle bio croate (V.Kipson 2009)
Per quanto riguarda l’immagine, la visibilità, come riconoscere i prodotti bio?
Un passaggio importante in termini di visibilità e comunicazione è stata la creazione del logo per i prodotti biologici croati (Hrvatski eko proizvod) che ha recentemente subito un’operazione di restyling.
A livello di strumenti di politica agraria quali misure sono state utilizzate?
Dal 2002 il governo ha adottato una serie di misure destinate al supporto del biologico all’interno degli aiuti diretti alla produzione. Come per altri settori, gli aiuti sono stati caratterizzati da una forte frammentazione e una scarsa trasparenza in termini informativi. Oltre all’aiuto pubblico nazionale, un’ ulteriore opportunità per lo sviluppo del biologico è costituita dallo strumento di preadesione a sostegno dell’agricoltura e dello sviluppo rurale (IPARD) a cui la Croazia ha pieno accesso. L’agricoltura biologica può essere considerata un’opportunità per gli agricoltori o è ancora presto? In Croazia il biologico non è ancora sviluppato come in altri paesi del Mediteraneo, ma le condizioni climatiche e geografiche lo rendono un settore di grande prospettiva come testimoniano la crescita dei produttori certificati e il numero di iniziative promozionali a livello nazionale e regionale. Sulla base della vocazione turistica della Croazia, il bio può inoltre essere considerato un settore strategico, sia per la richiesta di bio da parte dei visitatori stranieri, sia perché la promozione del biologico può essere integrata a iniziative legate alla tutela ambientale necessaria ai fini turistici. In un contesto tutto sommato positivo un limite importante resta però la competizione con i prodotti di importazione che spesso hanno prezzi più bassi rispetto alle produzioni locali.
Quindi con una produzione locale ancora debole è difficile parlare di esportazione?
Il problema è che in Croazia, la maggior parte dei distributori devono ricorrere alle importazioni per poter soddisfare la domanda. La produzione biologica croata è infatti ancora decisamente limitata sia in termini quantitativi, sia in termini della gamma dell’offerta (ortofrutta, succhi e confetture, farine, miele, vino, cereali e piante medicinali sono i prodotti principali). Gli gli spazi per l’esportazione rimangono pertanto minimi. Un numero crescente di produttori guarda comunque con interesse alle opportunità legate all’export, come testimoniato anche dalla partecipazione della Croazia a ‘BioFach’, la principale fiera europea dedicata al biologico.
Dai produttori ai consumatori: la domanda interna di prodotti biologici cresce?
La domanda cresce, ma i prezzi del bio sono ancora alti, e la crisi economica, che ha portato un significativo abbassamento dei salari, ha sicuramente rallentato il suo sviluppo.
Per concludere, quali sono le principali barriere al pieno sviluppo del settore? E quali gli auspici per il futuro?
I collegamenti tra produzione, distribuzione e vendita al dettaglio non sono efficienti, anche a causa delle lacune di cooperative e associazioni di produttori. Per questo e altri motivi i prezzi tendono a essere elevati e controllati da pochi intermediari che riescono a ottenere guadagni significativi. A rendere la situazione più complessa, nonostante gli sforzi del settore pubblico, contribuiscono poi le carenze informative: produttori scarsamente informati, pochi esperti sul terreno e una mancanza di specialisti del settore in ambito universitario. Seppur con lentezza, il biologico croato sta però compiendo passi importanti che, grazie anche all’interesse del governo e alle condizioni geoclimatiche, in prospettiva potrebbero avvicinare il settore al livello dei principali produttori europei e mediterranei. fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso