La carta costituzionale del 1991 definisce il Montenegro come uno “stato democratico, sociale ed ecologico”. E i funzionari governativi non perdono occasione per sottolineare questi valori nei loro discorsi ufficiali: il Primo Ministro Milo Djukanović, ad esempio, nei suoi più recenti interventi pubblici non ha mancato di identificare turismo, infrastrutture, energia, agroalimentare biologico e zootecnia come i settori prioritari in ambito di rapporti e accordi internazionali. E’ vero che in Montenegro l’agroalimentare presenta alcuni limiti strutturali, essendo questo paese un importatore netto di prodotti agricoli, ma considerando anche il clima mediterraneo di cui gode buona parte del paese e l’importanza del turismo, le condizioni potrebbero essere più che favorevoli per una strategia che punti a investire con decisione nel biologico. Nonostante queste premesse la realtà attuale è quella di un settore che sta facendo fatica a trovare nuova linfa dopo i primi passi compiuti ormai una decina di anni fa. Ne parliamo con Jovo Radulović, direttore della Ong Production of Organic Food (Proizvodnja Zdrave Hrane), da anni impegnato nella promozione del biologico in Montenegro. La storia del biologico in Montenegro è legata a doppio filo a quella di Production of Organic Food . Quando è stata creata la vostra organizzazione? L’Ong è stata creata nel 2002 con l’intento di promuovere lo sviluppo sostenibile delle aree rurali del Montenegro e la tutela della cultura e delle tradizioni locali attraverso la promozione dell’agricoltura biologica. Quali sono le attività principali? E con quali attori all’interno della filiera biologica lavorate? L’attività di Production of Organic Food è finalizzata alla promozione dei valori del biologico sia attraverso la sensibilizzazione dei consumatori, sia attraverso il sostegno ai produttori in tutte le fasi della filiera. Nell’ottica di un approccio integrato Production of Organic Food è impegnata anche nella tutela ambientale e nella promozione del turismo rurale.
Tra le varie attività rientra anche la pubblicazione della rivista EcoFood . Può dirci qualcosa in più? Nel dicembre 2002, quando venne lanciata la rivista, tra i principali problemi della produzione agricola montenegrina vi era la mancanza di informazioni sulle tecniche produttive più moderne, sulle nuove tendenze del settore bio e sul ruolo che, soprattutto in prospettiva, potevano garantire associazioni ed organizzazioni non governative. La mancanza di informazione riguardava anche i consumatori, nella maggior parte dei casi non consapevoli dei vantaggi dell’agricoltura biologica, e comunque non informati su dove acquistare i prodotti. Questo anche perché le (poche) associazioni e Ong del settore primario non erano in grado di garantire un’adeguata copertura informativa. EcoFood si inserisce in questo contesto con la finalità di colmare, almeno parzialmente, queste lacune informative e di dare maggiore visibilità al crescente dibattito su alcune tematiche legate all’ambiente: agricoltura biologica, ecologia, eco-turismo, sviluppo sostenibile e promozione di stili di vita sani. La rivista, ormai quasi decennale, è edita mensilmente ed è disponibile sul sito di Production of Organic Food. Altro progetto interessante è “Eco bag, my eco contribution ”. La campagna “Eco bag, my eco contribution ” è finalizzata a promuovere la sostituzione delle borsine di plastica “usa e getta” con borse di stoffa utilizzabili più volte. Nei Balcani accade non di rado vedere interi campi disseminati dei resti di borsine di plastica utilizzate per piccoli acquisti. Production of Organic Food vorrebbe rafforzare questa iniziativa condividendola con altre ONG e con le istituzioni locali per poter raggiungere e sensibilizzare più consumatori. Nella sua fase iniziale il progetto è stato supportato dal Regional Environmental Center (REC) e finanziato dall’Agenzia Svedese di Cooperazione Internazionale allo Sviluppo (SIDA). Spostando l’attenzione sul biologico quando sono stati mossi i primi passi in Montenegro? Il dibattito e i primi sviluppi sono del 2002, lo stesso anno in cui abbiamo avviato Production of Organic Food ed EcoFood che è diventato non soltanto il principale strumento informativo sul biologico, ma anche un mezzo per esercitare pressione sulle istituzioni per introdurre la legge quadro sul biologico. Sempre nel 2002 fu organizzata la prima stazione sperimentale a Župa Nikšić nell’area del monte Lukavica. I primi produttori biologici invece sono stati certificati nel 2004 dalla svizzera BioSuisse . Nel 2008 i produttori erano 26, con una crescita di quasi il doppio rispetto al 2007, mentre la superficie agricola destinata al bio contava 75 ettari di seminativi e coltivazioni permanenti e oltre 1000 ettari di pascolo. A questi vanno aggiunti circa 100.000 ettari per la raccolta selvatica.
La legge quadro sul biologico quando è stata introdotta? Il Ministero ha adottato la legge quadro sull’agricoltura biologica nel 2004 (Law Nr. 01-1006/2), in linea con il regolamento CEE 2092/91 e successivi emendamenti. La legge quadro, attualmente in corso di revisione, è finalizzata a regolamentare una serie di aspetti specifici legati al biologico: – Produzione agricola e raccolta selvatica; – Produzione zootecnica; – Trasformazione, trasporto e stoccaggio di prodotti biologici; – Requisiti del sistema di controllo e certificazione; – Modalità di gestione delle richieste dei produttori; – Uso del logo. Quali enti di certificazione sono riconosciuti dal ministero dell’Agricoltura, delle Foreste e della Gestione delle Risorse Idriche? Nel 2006 il Ministero ha fondato Monteorganica , l’Agenzia Nazionale per la Certificazione e il Controllo della Produzione Biologica, che ad oggi rimane il solo ente riconosciuto. Quanto è sviluppato il mercato del biologico? Quali sono le principali produzioni? Il convenzionale è ancora largamente dominante per i problemi evidenziati dalla filiera bio sia sul lato dell’offerta che sul lato della domanda, e a causa dei prezzi ancora elevati che rendono il biologico difficilmente accessibile alla maggioranza dei consumatori. Focalizzando l’attenzione sull’offerta, le principali produzioni sono piante selvatiche, frutta (prugne e mele) e alcuni latticini. Che ruolo per l’agricoltura biologica nel quadro della politica agricola nazionale? Lo sviluppo dell’agricoltura biologica è una delle priorità nel quadro della Politica Agricola del Montenegro e nel corso di questi dieci anni il bio è sempre stato considerato come una risorsa estremamente importante per lo sviluppo economico e la lotta alla povertà rurale. Alcune attività come la creazione di un quadro legislativo e lo sviluppo di un contesto istituzionale adeguato sono state portate avanti, probabilmente però è mancato un sostegno pubblico più consistente ai produttori.
Per quanto riguarda l’immagine, la visibilità, come riconoscere i prodotti bio? Il logo “organska poljoprivreda” è stato creato nel 2005, ma nonostante abbia ormai oltre 5 anni è poco conosciuto tra i consumatori. Sono presenti punti vendita specializzati o in generale è possibile trovare prodotti biologici nella grande distribuzione? E nella ristorazione e distribuzione alberghiera? Il primo negozio specializzato (Biomontenegro ) è stato aperto nel 2008 a Podgorica da Production of Organic Food ed è diventato un punto di riferimento importante sia per i consumatori sia per i produttori. Biomontenegro a parte, alcuni prodotti biologici sono presenti anche nei punti vendita della catena Maxi. Per quanto riguarda lo sviluppo nel settore alberghiero e della ristorazione invece siamo praticamente a zero senza particolari segni di dinamismo o sviluppo. Quindi è difficile vedere il biologico come un’opportunità per i produttori. Nonostante questa situazione di staticità, la nostra Ong continua a vedere il biologico come un’opportunità, ma senza un adeguato supporto pubblico le prospettive rischiano di essere estremamente ridotte. A livello regionale ci sono progetti significativi in corso? Negli anni passati uno dei progetti più importanti è stato Bioadria , sviluppato con partner italiani e coordinato dall’Associazione Terre dell’Adriatico di Senigallia. Il progetto era finalizzato al consolidamento di una rete trans-adriatica di produttori e associazioni, e all’identificazione di un circuito commerciale su cui basare future strategie di sviluppo. Per concludere, quali sono le principali barriere al pieno sviluppo del settore? E quali gli auspici per il futuro? I vincoli principali sono la mancanza di un supporto pubblico adeguato, soprattutto dal punto di vista delle risorse finanziarie, e in generale la necessità di ammodernamento del settore primario. Tra le opportunità invece vanno sicuramente segnalate le condizioni climatiche e l’ottimo stato di conservazione delle risorse naturali.