Definita la metropoli del turismo, Budva è una delle destinazioni più ambite, se non la più ambita, dai turisti che raggiungono ogni anno la riviera del Montenegro. Situata quasi al centro degli oltre 200 chilometri del litorale montenegrino, Budva ogni anno fa i conti con un aumento notevole della popolazione residente in un arco di tempo ristretto. I poco più di 17.000 abitanti dell’intera municipalità, durante la stagione estiva, superano infatti le 500.000 unità.
“Lo scorso anno abbiamo registrato 562.000 presenze. Il 43% dei turisti che soggiornano in Montenegro trova alloggio a Budva. La concentrazione massima, circa il 63% secondo i dati dello scorso anno, si ha nei periodi di luglio e agosto, anche se in realtà la stagione estiva inizia il 1° maggio con il Carnevale di Budva”, ci spiega Ljiljana Perjotić, coordinatrice per la municipalità di Budva del progetto Seenet.
Budva a lezione da Rimini
Già gemellata con Rimini, Budva partecipa al progetto Seenet II insieme a Kotor, altra nota meta turistica della riviera montenegrina. “Cerchiamo il modo per gestire il problema della concentrazione stagionale del turismo nella municipalità di Budva mediante incontri comuni con gli operatori turistici privati, mirati allo sviluppo di nuove offerte turistiche che possano rendere più lunga la stagione e, ovviamente, verificare se queste offerte rispondono alle esigenze dei turisti che vengono a Budva” prosegue Perjotić, riferendosi all’azione del progetto Seenet dedicata alla differenziazione dell’offerta turistica.
Per sapere cosa vogliono precisamente i turisti, Seenet ha previsto un’analisi dettagliata tramite sondaggi che la municipalità di Budva realizzerà questa estate. Budva aveva già svolto analisi di questo tipo, ma non così dettagliate come quelle previste dal progetto di cooperazione. “Nelle precedenti analisi la maggior parte dei turisti esaminati aveva comunque espresso soddisfazione per l’offerta, e il 96% di questi si era detto disposto a tornare a Budva per le vacanze”, dichiara Perjotić.
L’esperienza di Rimini suggerisce a Budva un uso più oculato delle proprie risorse, soprattutto attraverso la pianificazione urbanistica, oltre che dell’offerta turistica. “Rimini e la regione Emilia Romagna ci aiutano – attraverso la realizzazione del questionario di gradimento e l’impiego di una nuova metodologia per la pianificazione territoriale – a raggiungere lo scenario più sostenibile possibile per lo sviluppo del turismo. Tra queste metodologie c’è anche la realizzazione del GIS, il sistema informativo geografico”. Un sistema in grado di pianificare il territorio e il suo sviluppo, altamente informatizzato e capace di fare progettazioni e previsioni sullo sviluppo territoriale.
La piaga dell’urbanizzazione selvaggia
In realtà lo sviluppo e l’urbanizzazione del territorio sono tra i tasti dolenti di questa municipalità. Budva, infatti, oltre ad essere nota come capitale del turismo, lo è altrettanto come luogo per eccellenza dell’abusivismo edilizio e dell’eccessiva urbanizzazione. Recentemente, il quotidiano Vijesti ha pubblicato alcuni dati ufficiali provenienti dal censimento da poco concluso, indicando che a Budva ci sono circa 23.000 unità abitative a fronte di soli 17.000 abitanti, “evidentemente – conclude il quotidiano di Podgorica – nella maggior parte degli appartamenti non vive nessuno”.
“Il Piano territoriale è stato adottato 5-6 anni fa”, ci spiega Ana Popović, ingegnere e consigliere per le questioni inerenti la difesa ambientale del comune di Budva, presso l’assessorato per la Pianificazione territoriale e l’urbanizzazione.
Il complesso di punta Zavala (foto L. Zanoni)
“Il piano non è particolarmente vecchio, ma non è più valido perché non esiste più come categoria, ora dobbiamo realizzare un nuovo Piano urbanistico territoriale”, prosegue Popović. “Per ora siamo nella fase iniziale, ma quando sarà terminato renderà superfluo sia il piano territoriale che il piano urbanistico generale. Con i piani precedenti c’era molta più libertà di costruire, ora vanno rispettate le capacità del luogo”.
Tra le norme da rispettare ci sarebbero anche quelle previste dalla Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo dai rischi dell’inquinamento, di cui il Montenegro è uno dei firmatari. La convenzione, spiega ancora Ana Popović, prevede che non si costruisca entro una distanza di 100 metri dal mare. “Per la configurazione di questa zona, 100 metri dal mare sono una misura enorme. Budva ha colline e campi, per rispettare i 100 metri dal mare si sarebbe dovuto costruire chissà dove, molto lontano. Non abbiamo rispettato questo parametro. Ma forse il nuovo piano urbanistico darà altre indicazioni”, conclude Popović.
Fino ad ora, infatti, le condizioni di sostenibilità non sembrano essere state rispettate. Grandi edifici, complessi ad uso abitativo, hotel abusivi sono sorti come funghi. Il maggior responsabile di tutto questo scempio è il vecchio Piano territoriale, che ha accompagnato il boom edilizio iniziato dopo l’indipendenza del Montenegro, ottenuta con il referendum del maggio 2006. Budva è diventata il luogo in cui i grandi capitali accumulati durante e dopo la guerra in ex Jugoslavia sono stati investiti in immobili.
La più recente di queste costruzioni è il complesso alberghiero di Punta Zavala. Uno scandalo sollevato dall’influente ong MANS (Rete per l’affermazione del settore non governativo), una delle poche realtà che in Montenegro ha il coraggio di alzare la voce contro gli abusi di ogni tipo, compresi ovviamente quelli legati al mattone, e che ha portato nel mese di dicembre 2010 all’arresto di 9 membri della giunta comunale. Il sindaco Rajko Kuljača e il vice sindaco Dragan Marović sono rimasti in carcere fino alla fine di giugno, con l’accusa di malversazioni e di abuso di ufficio. Mentre Kuljaća e Marović restano in attesa di giudizio, il nuovo sindaco di Budva, Lazar Rađenović cerca di riprendere in mano la situazione e di far fronte ad un buco di bilancio di 60 milioni di euro.
Budva “città delle torri”
Il vero scempio però è contenuto nel Piano urbanistico dettagliato per Budva centro, dove non mancano le sorprese. Il piano è stato adottato nel 2008 dall’allora ministro per la Pianificazione territoriale e l’Ambiente Branimir Gvozdenović, per poi essere modificato e approvato dall’attuale ministro per lo Sviluppo sostenibile e il Turismo, Predrag Sekulić. Il piano prevede che Budva venga trasformata in una “città delle torri” (Grad kula), stile Vancouver o Long Beach, con grattacieli di oltre 20 piani a ridosso del mare, in una zona altamente sismica.
Benché il piano urbanistico sia di pubblico dominio e interamente scaricabile dal sito internet della municipalità di Budva, a portare alla luce del sole la questione è stata Branka Plamenac, giornalista del settimanale Monitor, residente a Budva.
La incontriamo al caffè Mozart, davanti all’ingresso della Città vecchia. Senza sosta, Branka snocciola per un’ora filata una montagna di informazioni sul processo di urbanizzazione di Budva, ponendo ripetutamente l’accento sul vecchio Piano territoriale di Budva e sul più recente Piano urbanistico per il centro città.
“All’inizio del boom degli investimenti, nel 2007, fu approvato il Piano territoriale del Comune di Budva, il vero colpevole di tutto. Perché col Piano territoriale si effettuano modifiche alle destinazioni d’uso. Le aree che nei piani precedenti erano destinate ad un turismo di qualità, dove non si poteva urbanizzare, sono andate perdute. Con quel piano si è perduto completamente lo stile di una città mediterranea. Parchi, oasi verdi, frutteti, uliveti, sono stati tutti trasformati in aree di edilizia urbana. È stato il più grosso attacco alla municipalità di Budva”, sentenzia categorica la giornalista di Monitor.
Poi però è subentrato un altro piano, il Piano generale urbanistico, col quale sono state aumentate le cubature degli edifici, ed infine è stato approvato il famigerato Piano urbanistico dettagliato per Budva centro, DUP, che da progetto trasforma Budva in una città di grattacieli, comprese due torri gemelle di oltre 20 piani a ridosso del mare, per un totale di 22 grattacieli. Il tutto in un’area che il catastrofico sisma del 15 aprile 1979 trasformò in un cumulo di macerie.
La lobby del mattone
Hotel Avala a Budva (foto L. Zanoni)
Le concessioni per questi edifici arrivano direttamente dal ministero. “Guarda l’Hotel Avala, ha 6-7 piani, è una costruzione abusiva. Per sei anni l’Hotel Avala non ha avuto la benché minima concessione edilizia. Sei anni dopo l’edificazione è arrivata la concessione edilizia direttamente dal ministro Branimir Gvozdenović, prima di lasciare l’incarico”, commenta ancora Branka Plamenac.
Ma chi costruisce, secondo quanto racconta Branka, è un gruppo di tycoon vicini al potere. “Prendiamo per esempio il gruppo Atlas, che controlla banche e un grande numero di aziende, tra le più ricche del territorio montenegrino. L’Atlas group, che formalmente è rappresentato da Duško Knežević, ha avuto la concessione per costruire sulla spiaggia il Mogren Garden. Sul loro sito, si può vedere il complesso che vogliono costruire su una spiaggia di rara bellezza naturale. L’Atlas group, solo a Budva, ha almeno 4-5 grattacieli, disegnati su questo Piano urbanistico”.
Di tutto questo non è per niente sorpreso Dejan Milovac, direttore della sezione dedicata all’urbanistica della ong MANS. “L’aumento delle altezze degli edifici, ovvero il profitto che ne verrà ricavato, non sorprende affatto se si guarda la lista dei cosiddetti investitori strategici, che negli ultimi anni hanno acquistato terreni nei luoghi più attraenti del centro di Budva. Il processo di pianificazione territoriale e di costruzione degli edifici da tempo è ormai prigioniero degli interessi personali di alcuni individui e delle loro famiglie”, ribadisce Milovac.
La logica che seguono i potenti locali, spiegano gli analisti, è sempre la stessa: riciclare il denaro ottenuto durante gli anni del contrabbando di sigarette, poi depositato in banche estere, investendo nel mattone, per poi vendere appartamenti ed edifici di nuova costruzione e ottenere denaro pulito. L’imperativo è far rientrare i capitali in casa.
Per ora la crisi economica globale e il conseguente ritiro di molti investitori, russi compresi, ha lasciato sulla carta l’ambizioso progetto della “città delle torri”. Ma quando ripartiranno gli investimenti, basterà l’esperienza di Rimini a salvare Budva dal collasso?