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“Ma sei matto, ti prende un infarto”. “Non ce la farai mai”. “Ma chi te lo fa fare”. Le reazioni di amici e parenti al viaggio che di li a poco avrei intrapreso non erano certo positive. Io invece mi sentivo convinto, carico e determinato, impaziente di mettermi alla prova e pronto a cimentarmi in una nuova avventura.
Sono anni che dico di voler affrontare un viaggio in bicicletta, da quando durante il pellegrinare in Europa ho conosciuto numerose persone che usavano questo mezzo di trasporto. Un ulteriore impulso è arrivato dai libri “Europa Europa” di Matteo Scarabelli e “E’ Oriente” di Paolo Rumiz.
Così un po’ per gioco e quasi all’improvviso è arrivata l’occasione, ed invece di trascorrere agosto in un’afosa e deserta Roma sono partito per un tour di otto giorni della Slovenia. Merito anche del mio amico Francesco, ciclista molto più di me, che ha deciso di seguirmi in questa folle corsa.
Onestamente, qualche perplessità di riuscire nell’impresa mi aveva attraversato la mente. Fatica tanta, anche se devo ammettere molto meno di quello che si potrebbe pensare, ma soprattutto grande soddisfazione. 625 km percorsi in sette giorni, tutti fatti solamente con l’ausilio delle proprie gambe ed energie.
Un giro della piccola Slovenia attraverso un itinerario circolare che, partito da Gorizia e terminato a Trieste, ci ha consentito di visitare molte regioni dello stato balcanico. Lasciata la terra patria siamo andati verso nord costeggiando l’azzurro Isonzo e poi verso est fino a raggiungere l’affascinante cittadina di Bled dove abbiamo fatto la prima tappa. Si è proseguito, dopo la visita del lago e delle gole di Vintgar, in direzione sud fino a Lubiana passando per Krany e Skofia Loka. Dopo una giornata di riposo nella capitale abbiamo seguito le sponde del Sava sostando a Celje. Da qui ci siamo diretti a sud per raggiungere la città di Novo Mesto. Inizia così il lento avvicinamento all’Italia e dopo la fantastica valle del Krka e gli aspri monti ci fermiamo felici e stanchi a Postojna. La lunga discesa verso la costa adriatica è interrotta solamente dalla visita alle grotte di Skocjanske e si conclude a Koper. Nell’ultima tappa percorriamo la costa dalmata e terminiamo l’avventura nella porta italiana all’oriente.
Gole di Vintgar / Foto di Claudio Simbolotti
Un viaggio lento, molto lento, che permette di entrare in sintonia con l’ambiente e con le persone. Viaggiare in bici da’ infatti un’incredibile opportunità di socializzare e di stabilire quel rapporto umano che dovrebbe essere la norma fra gli uomini.
Spesso ho avuto l’impressione che quel freddo e antico mezzo di trasporto fosse un’utile strumento per aprire il cuore e le porte delle persone. E devo ammettere che gli sloveni da questo punto di vista non hanno tradito le aspettative.
Non smetterò mai di ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato: da chi ci ha rifornito di acqua a chi ci ha fatto riparare da un improvviso acquazzone estivo, da chi ci ha rimediato due letti in un misterioso ostello quando ormai eravamo convinti di passare la notte all’addiaccio a chi ha ritardato ad una festa di compleanno per offrirci della frutta fresca e una bevanda.
Non posso poi non concedere una menzione speciale a Franz, guardia forestale di Postumia e marciatore amatoriale, che non ha dubitato un attimo nel soccorrerci vedendoci appiedati. Ha caricato i nostri mezzi sull’automobile della moglie e noi due sulla propria e ci ha portato a destinazione salvandoci così dal calar delle tenebre e da un diluvio pronto a scatenarsi sulle nostre teste.
Un rapporto umano costante alternato solamente dalle ore trascorse in solitaria sul sellino, con quell’insopportabile dolore al sedere, ma ripagate dal magnifico ambiente naturale che ci ha circondato.
Costeggiare l’Isonzo vedendo in lontananza il Monte Triglav; percorrere strade secondarie delimitate da vecchi tracciati ferroviari di montagna e corsi d’acqua; morire di fatica per raggiungere la sommità di un monte e poi pensare di essere giunti in paradiso godendo del panorama che si ha dalla sua cima, per poi meravigliarsi di scoprire su questa sommità un’estesa e verde pianura; attraversare minuscoli e sperduti paesini salutando i pochi abitanti; giungere inaspettatamente dopo una stretta curva sull’antico ponte di Most na Soci; planare per chilometri a folle velocità verso la costa, con l’Adriatico sempre più vicino e Venezia all’orizzonte, fermandosi solo per gustare qualche mora selvatica.
Nel nostro andare ho potuto constatare che da queste parti sono numerosi i ciclisti e che vi è un’ampia cultura delle due ruote con piste ciclabili in ogni città, tutte in ottimo stato, e che si dipanano anche lungo le strade statali.
Complessivamente un viaggio ricco di emozioni, un’esperienza che proverò a ripetere e che tutti possono emulare. Non necessità di nessuna particolare condizione fisica né speciali mezzi tecnici, però un consiglio mi sento di darlo. Evitate di usare una bicicletta troppo scadente come ahimè ho fatto io, restando fin dal primo giorno vittima di guasti che hanno rallentato il cammino ma arricchendolo ulteriormente. La semplicità delle due ruote consente anche ai profani di meccanica di poter riparare un semplice difetto e comunque nella peggiore delle ipotesi trovare qualcuno in grado di saperlo fare.