A partire dalla caduta del regime comunista nel 1991, Tirana ha vissuto una radicale trasformazione. Pur in un quadro di forte emigrazione dei cittadini albanesi verso altri lidi – Italia e Grecia, ma anche Paesi di lingua tedesca e inglese -, la capitale ha subito un inurbamento massiccio che l’ha letteralmente trasformata e fatta esplodere: è infatti passata dai 250.000 abitanti del 1989 ai 600.000 del 2001 e ai 900.000 ufficiali del 2020.
L’intensissima attività edilizia, spesso caratterizzata da abusivismo e speculazione, si è accompagnata ad una enorme (potremmo dire insostenibile) pressione sulle infrastrutture e sui servizi di base esistenti: acqua, energia elettrica, rete fognaria, smaltimento rifiuti, presìdi sanitari, rete stradale periferica, … .
Proprio sui temi della trasformazione della città, della speculazione e dell’intreccio “poco trasparente” tra politica e business, il mondo della cultura ed i cittadini più sensibili hanno tentato di far sentire la loro voce, opponendosi allo stravolgimento di luoghi e all’abbattimento di costruzioni che costituiscono un patrimonio di ricordi, emozioni e identità. Si pensi alla sorte subita dallo Stadio Nazionale “Qemal Stafa”, intitolato ad un‘eroe della resistenza antifascista, inaugurato nel 1946 e demolito nel 2016; ma anche a quella del Teatro Nazionale, costruito dall’architetto Giulio Bertè nel 1939, durante l’occupazione italiana, e abbattuto nel maggio 2020.
Rimane intatto uno dei più importanti punti di riferimento per i cittadini: il Parco Grande (Parku i Madh), vero polmone verde all’interno di una capitale ad alta concentrazione di edifici e di traffico. Realizzato tra 1955 e 1956 – nella prima fase del Comunismo di Enver Hoxha – ha una superficie di 289 ettari all’interno della quale trova posto un ampio lago artificiale. Giunge a lambire il Politecnico ed è impreziosito dai giardini di quella che era la residenza di Re Zog I e che ora ospita la Presidenza della Repubblica. Al suo interno si trovano poi la Chiesa ortodossa di San Procopio, monumenti a personalità albanesi – come gli amati fratelli Frashëri – e due memoriali legati alla Seconda Guerra Mondiale: ai soldati britannici e australiani e ai soldati tedeschi. Frequentatissimo luogo di svago e relax per gli abitanti della città, al suo interno vi sono anche un giardino botanico, uno zoo, un grande teatro all’aperto, campi sportivi e giochi per bambini.
Ed è proprio ai più giovani che in questo periodo complicato ha pensato Klement Zoraqi, artista e professore all’Accademia delle Belle Arti di Tirana. Nel pieno del 2020, mentre il Teatro Nazionale viene demolito dalle ruspe per far posto ad un nuovo contestato complesso teatrale, Zoraqi recupera uno spazio degradato all’interno del parco e realizza il Teatri Pinoku (Teatro Pinocchio): un teatrino per bambini che utilizza un piccolo edificio preesistente, ora decorato con mosaici ed arricchito da una platea semicircolare con il fondo in erba.
L’operazione di Zoraqi è significativa. Se da un lato con il Teatro Nazionale si abbatte un simbolo di cultura (ed un prezioso elemento della storia e dell’architettura della città), nel parco si fa germogliare nei più giovani l’amore per essa. Se il progetto del nuovo teatro prevede nuove cubature nel cuore di Tirana, qui viene ripreso un minuscolo edificio oramai allo stremo – un tempo punto di sosta, riposo e conversazione per chi passeggiava nel parco – e viene mantenuto il contatto con la natura per i piccoli spettatori anche grazie al fondo erboso. Se la città si deforma per via della sua crescita disordinata e i suoi abitanti devono subire i problemi che la cosa porta con sé, questo spazio è un’altra dimensione in cui i futuri adulti si “allenano” al bello, al fantastico, al sogno, a coltivare ed esprimere le proprie emozioni. E’ una fiamma d’amore in una città che deve fare i conti con la ruvidità della vita di ogni giorno.
Teatri Pinoku. Il nome di Carlo Collodi unisce ancora una volta Italia ed Albania; riafferma un legame tra le due sponde del mare che Zoraqi avverte con forza e coltiva; e ammalia i bimbi di Tirana con quella che forse è la più bella favola del mondo.
Ringraziamo di cuore l’amico Klement per la sua sensibilità e per il suo sguardo rivolto ai più giovani, al nostro futuro. Il suo atto è testimone di una cultura che si pone in modo delicato e profondo al servizio della società; riafferma i valori del bello, della sobrietà, del rispetto e dell’umanità.
Con lui ringraziamo sinceramente anche l’Ambasciata d’Italia a Tirana per il sostegno offerto e l’Agenzia dei Parchi e degli Spazi Ricreativi del Municipio per la realizzazione concreta.
Ci auguriamo che inziative di questo tipo si moltiplichino senza fine!
Faleminderit Klement!