La Romania ci accoglie con la pioggia, fine e sottile che poi si lascia andare in improvvise scariche di tempesta. Seguono il cielo che si apre e i raggi solari che riflettono sulle pozzanghere gli argentei tetti delle chiese ortodosse, il profumo di bagnato tra i boschi e la rilassatezza della campagna che respira.
In Romania ci scontriamo subito con le difficoltà di convivenza tra romeni e rom, fin da Oradea, la prima citta’ che incontriamo dopo il confine ungherese, sono decine i ragazzini sporchi e tristi che chiedono monete nei bar e a bordo strada. In alcuni semafori l’elemosina è vietata con grandi cartelli significativi e la polizia interviene, seppur in manera blanda, in più occasioni.
Scopriamo così che in ogni villaggio della Romania agricola i rom abitano in una zona separata del villaggio, una sorta di piccolo ghetto pacifico. Ancor più a volte esistono diversi abitati di Rom nello stesso piccolo villaggio: questo perchè esistono differenti tipi di Rom, questo quello che ci spiega Joseph, un contabile amministrativo rumeno che lavora in uno studio di Budapest: “Ci sono Rom poverissimi, che elemosinano monete o verdure e che sopravvivono di miseri disoccupazioni e sussidi statali e Rom artigiani che vivono tranquillamente e pacificamente del commercio di piccole attivita’ manifatturiere. Solitamente abitano ai due capi opposti dei villaggi, e non mischiano le loro attività e stili di vita”, conclude: “Hanno forse tra di loro meno rapporti che non con i rumeni”.
Inoltrandoci verso il nord del paese fino a sfiorare il confine con l’Ucraina vicino alle città di Satu Mare e Baia Mare saliamo a scoprire i primi carpazi rumeni: piccoli centri composti da disarticolate abitazioni in legno ricoperte da scrostati e vivaci intonaci azzurri e indaco, dalle finestre bianche e sbilenche, dalle terrazze in legno in bilico da dove immobili anziani ascoltano lo scorrere del pomeriggio assolato; sull’orizzonte di verdi colline agricole, campi di mais e fieno dove scorazzano di tanto in tanto semi bradi puledri e greggi di pecore.
Decine di covoni di fieno sparsi ovunque ricordano l’attaccamento alle tradizioni agricole di queste miti popolazioni.
Proprio la natura agricola e rurale della Romania ci fa capire quanto forte sia stata l’imposizione al potere di Ceausescu nell’epoca comunista, per scoprirlo andiamo a Seghetu Marmitiei dove in una ex prigione comunista è stato creato il memoriale alle vittime della dittatura.
L’ingresso è subito forte: un lungo corridoio attorno al quale tre piani di piccole celle a sinistra e destra, grandi poco più di qualche metro quadrato e simili alle classiche carceri da film che spesso vediamo al cinema. In ognuna di queste celle è stata creata una sala tematica che approfondisce le dinamiche dell’epoca. In una delle prime celle è stata ricostruita l’urna in legno delle elezioni del 1946, quella che i sovietici sabotarono con un doppio fondo per pilotare i risultati, all’epoca almeno il 70% dei rumeni era contro l’annessione all’Unione sovietica, poi cifre sconvolgenti: almeno 600’000 deportati nei campi di lavoro nei successivi 40 anni, la socializzazione del 96% delle terre nazionali, la rappresaglia contro religiosi, dissidenti e sovversivi, la distruzione sistematica dei partiti tradizionali rumeni.
Eppure l’epoca di Ceausescu è ricordata come “l’epoca d’oro”, perché cosi è stata dipinta con colori forti dalla propaganda di regime. Così è ancora ricordata oggi da molti rumeni, nei quali la mancanza di lavoro e reali opportunità della democrazia unita alla crisi dell’unione europea ha instaurato un sentimento di nostalgia e ricordo. Forse i negozi erano pochi ma almeno c’era lavoro per tutti.
Seppur obbligati ad indossare abiti tradizionali e ripetere danze popolari ai balli, seppur lavorando per tutta la giornata per pochi tozzi di pane una minoranza di rumeni rimpiange la stabilità e le sicurezze dell’età dell’oro.
Avanzando verso la più grande chiesa protestante in legno d’Europa di Barzana scivoliamo sulla dorsale che ci portera’ verso i Carpazi meridionali.