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L’Hotel Cosmos è un grande edificio di ventidue piani di epoca sovietica. È semivuoto, ma perfetto per le nostre esigenze, non troppo caro, quaranta euro a notte a testa con prima colazione e a ridosso del centro, in modo che ogni punto di interesse è raggiungibile a piedi.
Non ha un vero centro storico questa città rasa al suolo dai tedeschi e ricostruita come gran parte delle città sovietiche. Il suo centro è composto da enormi edifici d’epoca e nuovi palazzi che la rendono del tutto simile a ogni altra città europea. Che siamo a est dove la storia ha avuto uno sviluppo diverso dal nostro, lo si vede principalmente dai monumenti celebrativi della seconda guerra mondiale e in particolare dal memoriale Eternitate dove arde la fiamma perenne e avviene ancora il cambio della guardia con il passo dell’oca.
Quest’anno la Pasqua ortodossa coincide, per caso, con quella cattolica. La trascorriamo ospiti di amici moldavi conosciuti in Italia. Il pranzo pasquale è ricco e appetitoso, carne di pollo, pesce affumicato e le verdure, tra cui la singolare anguria sottaceto dall’aspro sapore di cetriolo e poi i vini, i dolci e il cognac di produzione locale. Intorno alla tavola imbandita si parlano quattro lingue: rumeno, italiano, inglese e russo. Inevitabili i commenti sulla situazione politica attuale in Italia e sugli eccessi del premier. Interessante il punto di vista sulla grande svolta del ’91, c’era una Moldavia, repubblica socialista sovietica, che dava poco a tutti e non faceva mancare il necessario e una Moldavia democratica e indipendente che ha fatto emigrare un quarto della popolazione. Quale preferire? La signora Ana, ottantacinque anni portati magnificamente in un paese dove l’aspettativa di vita, per le donne, non va oltre i settantacinque, non ha dubbi. Era meglio l’URSS con le sue rigidità e le sue certezze. Ce lo dice in russo che, per lei è la lingua internazionale, consapevole che non capiamo il rumeno, ma le uniche parole che afferro sono: Molotov, Von Ribbentropp e ukaze. Interviene la figlia Tamara che traduce in perfetto inglese e così i tasselli della storia dell’ultimo mezzo secolo vanno al loro posto.
A spasso per Chisinau nei giorni seguenti, in visita al museo di storia nazionale dove all’ingresso su una statua della lupa che allatta Romolo e Remo, si dichiara, con le parole del poeta nazionale Mihai Eminescu, l’appartenenza di questa terra al mondo latino, tanto più ora che l’alfabeto cirillico imposto dai russi è stato abolito a favore di quello originario.
Ma la vera anima di questo paese è la campagna. Su una superficie grande circa come la Lombardia, si estendono campi coltivati e soprattutto vigneti. Il prodotto di eccellenza è il vino delle cantine di Cricova, una incredibile costruzione sotterranea con uno sviluppo di strade di quasi cento chilometri dove vengono prodotti e fatti maturare vini bianchi, rossi e champagne. Il mercato di riferimento è, ora come allora, quello russo, ma una percentuale minore viene esportata anche nel resto del mondo. La cantina di Cricova, visitabile con un trenino e a patto di coprirsi perché la temperatura interna è tra i 10 e 12 gradi, riserva anche la sorpresa di ammirare la collezione privata di vini che appartenne al Feldmaresciallo del Terzo Reich Hermann Goering e che fu sequestrata dall’Armata Rossa e qui collocata e quella meno impolverata del primo ministro russo Putin che ne attinge per il suo uso personale.
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La maggiore curiosità di un viaggio in Moldavia è costituita tuttavia dalla regione separatista della Transnistria che si considera uno stato sovrano. Prima della proclamazione dell’indipendenza, la Moldavia ha subito il trauma della guerra civile che ha portato alla nascita della Repubblica di Transnistria, ovvero la striscia di territorio a est del fiume Dniestr che forma oggi uno “stato” non riconosciuto dalla comunità internazionale che si regge su ogni sorta di traffici.
Attraverso un’agenzia di viaggi a Chisinau affittiamo un’auto con autista. Ci garantiscono che la zona è pacificata e che si può visitarla anche se solo per un giorno. L’autista si chiama Anatoli, parla solo rumeno e russo, ma è cordiale e si fa capire abbastanza bene. Ci accordiamo per il mattino seguente alle otto e trenta al costo di ottanta euro, tutto compreso.
La strada che porta al confine è priva di traffico, c’è solo un Suv davanti a noi. Il confine moldavo è presto superato senza troppe formalità. Attraversiamo la zona smilitarizzata sotto il controllo delle truppe dell’ONU, sono soldati dell’esercito russo armati di kalashnikov. Sebbene si proceda a passo d’uomo attraverso cavalletti di filo spinato e blocchi di cemento, non notiamo alcuna tensione, piuttosto la noia dei soldati di un avamposto di frontiera dove non succede nulla da anni, ma da presidiare comunque. Eccoci al confine della Transnistria. Le guardie controllano perplesse i nostri passaporti e chiedono a Anatoli chi siamo e dove vogliamo andare. Gli sento dire la parola: escursione. Ci fanno aprire il bagaglio ma non i nostri zainetti, infine ci fanno compilare dei moduli e ci consegnano un permesso di ingresso valevole fino alle 19,40 dello stesso giorno. Passiamo. Attraversiamo la città sul confine, Bender, immortalata nel romanzo di Nicolai Lilin, Educazione siberiana. Le strade sono amplissime e deserte.
Il palazzo del governo a Tiraspol – Transnistria
Ci siamo quasi solo noi su quattro corsie. Dopo mezz’ora appare la periferia di Tiraspol, la capitale a cento chilometri da Odessa, Ucraina, dove regna il padre padrone Igor Smirnov che ha mantenuto i simboli del comunismo e applicato le regole del capitalismo selvaggio. Cosicché tra marmi di Lenin, bandiere con la falce e martello e i curiosi rubli della Transnistria che non valgono niente, girano Mercedes nuove di zecca e si notano i negozi della catena di supermercati Sheriff di proprietà dello stesso Smirnov. In mezzo a tutto questo, una popolazione, soprattutto anziana, impoverita e militari in tuta mimetica che spuntano da ogni angolo, quasi la città fosse una grande caserma.
Non c’è molto da fare a Tiraspol se non osservare questo strano “stato”, un prodotto di scarto della frammentazione dell’impero sovietico, che però, se esiste, deve essere funzionale a qualche interesse.
L’indomani si torna a casa, questa volta in aereo. Ci sono solo due ore e mezza di volo dal piccolo e moderno aeroporto di Chisinau a Verona. Le distanze sono annullate e la Moldavia appare più prossima all’Europa occidentale alla quale si sta rapidamente avvicinando attraverso i suoi cittadini lavoratori.