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Tredicesimo post – 20 agosto 2011
tag: Balcani, cibo, Guča, musica, Serbia, viaggio
Guča è un paesino di 2.000 anime tra i monti, nel sud della Serbia, dove ogni anno, ad agosto, si tiene uno degli happening musicali più celebri e affollati d’Europa, e certamente il più particolare.
Il Guča trumpet festival è una gara musicale tra bande di ottoni (che, selezionate durante l’anno e suddivise in categorie, si esibiscono nello stadio adibito ad arena concerti), non soltanto balcaniche, coronata dall’esibizione di grandi nomi (quest’anno, Boban e Marko Markovic hanno suonato il sabato sera davanti ad una folla oceanica, mentre è spettato a Goran Bregovic chiudere in bellezza, la domenica pomeriggio)… e molto di più.
Per tutta la settimana (la manifestazione dura sette giorni), parate, eventi culturali, gare sportive (sempre a carattere tradizionale).
E’ il giovedì sera, però, che inizia il caravanserraglio. Fino alla domenica, decine di bande, piccole e grandi, molte delle quali gypsy, suonano in ogni angolo del villaggio, dando vita ad una sfrenata festa all’aperto a cui partecipano decine di migliaia di persone (la media, nei quattro giorni, si aggira intorno alle 300.000 presenze).
La definizione “Woodstock dei Balcani” calza a pennello. Giovani da tutta Europa (ma anche extra-continentali) si accampano liberamente ovunque: nei parcheggi, sui prati, lungo il torrente (che diventa “multifunzione”). Non c’è casa in cui non si affittino stanze, e giardini per i campeggiatori meno avventurosi (il nostro campeggio era allestito in un grande prato privato in centro al paese, attrezzato con alcuni servizi minimi: qualche wc, e tre rudimentali docce all’aperto).
Ma questa è anche la festa dello spirito nazionale serbo. Arrivano qui a migliaia per celebrare la “propria” musica, e quindi in qualche modo la propria identità. Dai più pacati, che si limitano ad indossare il berretto militare (spesso esibito da intere famiglie, neonati compresi), sventolare la bandiera nazionale e danzare in gruppo, fino agli estremisti “duri e puri” che salutano con le tre dita simbolo dell’ortodossia religiosa, girano con le bandiere cetniche, comprano magliette con l’effige di Mladic e fanno la faccia truce anche quando si stanno palesemente divertendo.
Non ultimo, il festival è anche l’occasione per gustare i piatti locali, cucinati secondo gli usi tradizionali. Quindi, niente forni e fornelli, ma spiedi che ospitano polli, pecore, maialini e talvolta interi buoi; griglie ottime per pane, carni, verdure, e su cui cuociono lentamente gli spezzatini in grandi tegami di ghisa; ed enormi calderoni, posati direttamente sui carboni ardenti, in cui ribollono, sempre molto lentamente, zuppe e stufati.
Insomma, l’apoteosi della cottura alla brace.
Tutto questo in un clima pacifico e di gioia condivisa.
Si balla, si mangia, si beve (molto), si fanno le ore piccole. La mattina ci si alza con il sole che surriscalda le tende (e il sabato e la domenica il risveglio è alle 7, a colpi di cannone…), si ciondola in paese, si passa il tempo all’ombra nei bar o sdraiati sull’erba bevendo birra… e la sera la festa ricomincia.
Testi e fotografie © Elisabetta Tiveron – Nicola Fossella 2011.
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