“In Jugoslavia si diceva: in Serbia non ballare e in Bosnia non cantare, perché faresti cattiva figura. Ma in Macedonia non cantare e non ballare. Perché lì sono il massimo”
“A Strumica i bimbi sentono suonare già nel ventre materno” spiega Narlje “appena nati vogliono essere musicisti”
“Trombe, tamburi, grilli, ultime stelle. La musica filtra con la brezza tra le querce, scende a folate dalla montagna, sa di rose, erbe aromatiche e asfodeli, investe la gente che sale sul sentiero della boscaglia. Uomini a cavallo, sudati, l’alito di grappa e di birra, le bestie tenute per la criniera. Famiglie intere su trattori coperti di ghirlande. Non si dorme nella notte di San Giorgio, in Macedonia, la terra di Alessandro il Grande.
Se Dionisio abita ancora in Europa, è nascosto qui. Suona un flauto di nome zurlae una grancassa chiamata tapan. Un ritmo pazzesco, asimmetrico, claudicante. Dicono che aderisca all’irregolarità del terreno, nasca dal passo dell’asino. Non è Grecia, non è Danubio, non è Balcani. E’ tutte queste cose insieme. Violini magiari tradotti su fiati, contaminati dal Mediterraneo e dall’energia vitale degli slavi….”
Così Paolo Rumiz descriveva qualche mese fa i suonatori turchi di Macedonia, inchiodati al loro villaggio di nome Strumica, in una valle quieta fra la Bulgaria e la Grecia
“Una terra benedetta di moschee e monasteri, ricca di pomodori, arachidi, peperoni dolci, angurie e… orchestre”.
Sono gli Agushevi, vivono nella valle dove nasce l’autentico suono dei Balcani, che interpretano come nessun altro. Quando l’autore delle musiche per Kusturica ha cercato di ingaggiarli, gli hanno detto no.
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